flusso della coscienza (privo di freni inibitori)

6/24/2007

Dalla parte di Israele, con la testa alta

Il Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Uniti, dopo estenuanti compromessi, sembra aver trovato un accordo sulle sue stesse regole di funzionamento (ci ha messo un anno, ma accontentiamoci). Questo organismo è nato circa un anno fa dalle ceneri della Commissione dei Diritti Umani dell'ONU, la cui credibilità è stata annientata dalle nazioni che la controllavano (tutte del blocco Asia-Africa-Paesi Arabi, e tutte con un'eccellente storia di diritti umani calpestati) che hanno profuso molti dei loro sforzi a richiamare Israele e a difendere la condotta di paesi come Sudan e Zimbabwe. Pare di capire che l'inizio non sia dei migliori e niente fa pensare che esista discontinuità rispetto alla precedente "gestione". Vediamo perché: 1. Cuba e Bielorussia vengono escluse dalla lista dei paesi sotto osservazione per presunte violazioni dei diritti umani; 2. la Cina (sì, sì la Cina) ha chiesto che le "sanzioni" vengano comminate dopo una delibera a maggioranza di due terzi, e non a maggioranza assoluta; 3. anche se molti paesi in via di sviluppo sono contrari alla pratica del "name and shame", continuano a fare un'eccezione quando si tratta di tirare le orecchie ad Israele, l'unico governo che finora ha subito critiche dall'agenzia. Non a caso, Israele (nella definizione di Territori Palestinesi Occupati) figura nella lista dei "cattivi" in buona compagnia: Haiti, Somalia, Repubblica Democratica del Congo, Sudan, Myanmar, Nord Corea.

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