flusso della coscienza (privo di freni inibitori)

7/23/2007

Il mito della privacy su internet

Il Financial Times di oggi pubblica un articolo di John Gapper molto critico nei confronti di Google e del modo disinvolto con cui il gigante USA gestisce la privacy dei suoi utenti. Ad esempio, YouTube (controllata Google) da un lato chiude tutti e due gli occhi di fronte alle violazioni di diritti d'autore commesse dai suoi utenti che caricano in rete video coperti da copyright, mentre dall'altro mette a disposizione algoritmi-filtro per impedire che lo stesso accada per contenuti di "proprietà" delle major con cui ha fatto accordi commerciali (Warner e Universal). Evidente è l'arroganza con cui Eric Schmidt, CEO del gigante californiano, ha definito "transitoria" la resistenza di un social network (Facebook, molto popolare tra gli studenti universitari) deciso ad impedire a Google l'accesso ai dati contenuti nelle pagine dei suoi utenti registrati. Se qualsiasi oggetto postato su Facebook (post, foto, musica) fosse accessibile a tutti sul motore di ricerca più diffuso al mondo, il social network perderebbe molto dell'appeal che esso ha presso il pubblico adulto, sostiene Gapper, apparentemente convinto del fatto che Facebook sia più rispettoso della privacy rispetto ai concorrenti. Le cose, in realtà, sono molto diverse. Infatti,
a. ci sono elementi per ritenere che questo social network sia la rivisitazione privatistica del progetto federale IAO (Information Awareness Office) che se solo da un'indagine del Congresso che lo dichiarò illegale, avrebbe raccolto e centralizzato ogni sorta di informazione sui privati cittadini, dai siti visitati alla storia degli acquisti con carta di credito, dall'acquisto di biglietti aerei alle diagnosi mediche, dai voti all'università alle infrazioni al codice della strada, utilizzando sofisticate tecnologie di data mining. La CIA e il Dipartimento della Difesa, anche dopo la fine di IAO, non hanno mollato la presa, e hanno deciso di continuare a perseguire i loro scopi di controllo sociale usando l'impresa privata.
b. a conferma di quanto sopra detto, Facebook, quando era ancora solo una tra le tante dotcom, ricevette sostegno finanziario da Accel, il cui manager, James Breyer, era membro del board di BBN Technologies (tra i pionieri di ARPANET, la rete militare oggi nota come Internet) e, assieme a Gilman Louie, CEO of In-Q-Tel, una società della CIA, sedeva nell'organismo direttivo della Associazione Americana di Venture Capital (NAVC). Il CEO di Facebook è stato Anita Jones, membro del consiglio di In-Q-Tel, ex Direttore del Defense Research and Engineering presso il Ministero della Difesa USA, ex consulente del Secretary of Defense ed ex responsabile della DARPA (Defense Advanced Research Projects Agency) l'agenzia che partorì l'idea di IAO; c. concludendo, se usate Facebook, state mettendo i vostri dati personali direttamente nelle fauci della CIA. Ma non finisce qui: le clausole contrattuali sulla privacy e sul diritto d'autore che i membri del network devono firmare comprendono: 1. una manleva completa che consente a Facebook di fare qualsiasi cosa dei contenuti da voi messi in rete; 2. il diritto di Facebook a "cercare informazioni su di voi da altre fonti, quali giornali e servizi di instant messaging. Queste informazioni sono raccolte che facciate o meno uso del sito internet." Tutto sommato preferisco Google...

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